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51. CASA – INTERNO NOTTE |
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I due ragazzi sono seduti alla luce della lampada poggiata sulla tavola a mangiare brodaglia nelle scodelle. Lei vede qualcosa alle spalle di lui, sul divano e si alza a prenderla. È una bambola sporca e col vestitino lacero. Lidia si siede sul divano rigirandosi la bambola tra le mani. LIDIA – La mia aveva i capelli rossi. Si chiamava Rita. Lidia prende la mano della bambola nel palmo della sua e sorride leggermente. LIDIA – Mi ricordo che misuravo la mia mano contro la mano di mio padre. Una volta ho segnato con un pennarello il contorno delle dita una ad una. Gli ho detto che non doveva cancellare il segno. Il giorno dopo sono andata a controllare ed il segno non c’era più. ARNO – E dove sono adesso i tuoi? LIDIA – Mia madre è morta che ero piccola, quasi non me la ricordo. Mio padre l’anno scorso nella prima ondata. Era medico. È uscito per andare in ospedale. È stato subito dopo le prime piogge, quando sono cominciati i contagi. Credo che avesse capito quello che stava accadendo. Chissà forse è morto il giorno stesso o l’hanno portato in uno di quei centri di quarantena. Fu allora, coi miei nonni, che abbiamo deciso di scappare in campagna. Restano entrambi in silenzio. Lui la guarda imbambolato. Lei posa la bambola sulla spalliera del divano e si stringe le gambe al petto, rannicchiata. Arno apre i lacci dello zaino e prende la coperta. ARNO - Proviamo a dormire un pò. Porge la coperta a Lidia. Lei la srotola e si distende sul divano. Lui si avvicina all’uscio di casa. Lei si volta a guardarlo. LIDIA – E tu non dormi? ARNO – Si, tra un po’. Arno resta vicino alla porta a guardare fuori, verso la campagna immersa nel buio. |
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